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Speciale - Giovanni Galeone - Una Favola di Provincia di Gianni Mura
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Una favola di provincia
di GIANNI MURA 
La situazione era molto chiara: con i resti di una squadra retrocessa non si poteva che retrocedere. Infatti, tutto il contrario: il Pescara ha più di un piede in serie A e le spiegazioni sono difficilissime. Molto dipende da Giovanni Galeone, che quando parla del suo lavoro tira in ballo Brecht, Camus, Pavese, Guevara e stavolta anche St. Exupery, così la faccenda si complica ulteriormente. E' nato a Napoli e parla friulano, ha una faccia che fa rima con avventura, pri ma però che l' avventura ce la facessero scoprire le marche di sigarette; è abbronzato, disponibile, polemico e ironico quanto basta, uno così è nato con la vocazione dell' incendiario e non del pompiere. Ma uno così forse ha vibrazioni da rabdomante. Chi glielo faceva fare di accettare 60 milioni l' anno, cifra che nel calcio è considerata ridicola, per gestire una retrocessione annunciata? E perchè poi questa squadra con pochissime lire e pochi giocatori di qualità a due domeniche dalla fine è in serie A e spero tenga, così ci divertiamo un po' ? Arrivo a Pescara e trovo acque abbastanza agitate. In giro c' è il gioco di parole di Galeone contro Panfilo (De Leonardis) cioè il presidente. Dopo la vittoria col Bologna, domenica, Galeone ha piantato tutti e se ne è andato in spiaggia, dove praticamente vive. Si sentiva sottovalutato, voleva parlare di contratto (e intanto a Messina gli offrono mezzo miliardo per due anni), qualcosa di buono aveva pur combinato, per chè non glielo riconoscevano? La situazione si sta ricomponendo, è nell' interesse comune. "Galeone ogni tanto va a fare la punta agli spilli", dice Franco Manni, il direttore generale, "ma a Pescara nessuno ce l' ha con lui. Si dimentica forse che qui ce l' ho voluto io? E le spiego perchè. Lui allenava la Spal quando io ero alla Reggiana. Nelle prime cinque partite fece un punto, lo cacciarono, arrivò Danova, ma poi i giocatori pretesero il ritorno di Galeone. Conoscendo la mentalità dei giocatori, che non stanno mai dalla parte dei silurati, pensai che questo Galeone doveva avere dei numeri e del resto le sue squadre potevano vincere o perdere ma in comune avevano sempre il bel gioco. Ecco perchè è stato scelto. Qui abbiamo vissuto un' estate da infarto: retrocessi sul campo all' ultima domenica, ripescati per il calcio scommesse, poi rispediti in C, e infine ammessi alla serie B il giovedì precedente l' inizio del campionato, quando sui calendari della Lega c' era stampata una x". Con uno scoperto di dieci miliardi, per di più, quindi impossibilitati a comprare e costretti a vendere: Roselli, Carrara, Acerbis, De Martino (dal Brescia arrivano Bressan e Gaudenzi), fatto fuori il portiere Rossi (scommesse), non confermati Olivotto, Di Cicco e Venturini. Di buono cosa rimaneva: Rebonato, Ciarlantini, Loseto, Gasperini, Bosco e Pagano. E' una squadra da C1. "Il nostro programma - continua Manni - era: pane e sangue. E a Galeone l' ho detto subito chiaro: mister non venga poi a lamentarsi che le manca un terzino o una punta o un libero, qui manca quasi tutto, lo sappiamo, c' è solo da arrangiarsi. Per conto mio, riconosciuti tutti i meriti alla squadra, siamo stati favoriti dalla penalizzazione di tre squadre, quindi bastava far meglio di una e restavamo in B. Così siamo partiti con una certa tranquillità, cosa importante in una squadra giovane, e siamo cresciuti per strada". C'è del vero, ma il campionato del Pescara continua a mantenere i contorni di una favola che si sfrangia in ulteriori favole. Come quella del portiere Gatta (classe '67) a luglio riserva della squadra primavera, che pur di giocare chiede di essere ceduto alla Pennese (Interregionale) e adesso è titolare della Under 21. Come quella di Rebonato, bomber frustrato che adesso tutti vogliono, Samp e Torino in prima fila, si tratta attorno ai cinque miliardi. Ma Galeone non crede alle favole. Prima si mangia, piuttosto bene, poi ci si scanna a scopa, seduti sul muretto del lungomare, poi si parla, a quell'ora né scura né chiara, in cui normalmente non si fanno interviste ma si dorme e forse per questo c' è più verità nelle parole. "All' inizio, in ritiro eravamo in 13, con due portieri. Ho subito chiesto di fissare il premio-promozione e qualcuno in società deve aver pensato che ero pazzo, non sarebbe la prima volta. Se sono qui per gestire una ritirata, tolgo il disturbo, ho detto. Tra parentesi, sento dire in giro che il premio-promozione per i giocatori, da dividere in 17, sia di 100 milioni. L' anno scorso, per salvarsi, era di 300. Queste sono cose strane, non il nostro campionato. Certo, gente sconosciuta, allenatore che parla troppo, niente lire: ma tanta rabbia e una grande disponibilità all' apprendimento. Sa qual è il segreto del Pescara? Che non c' è un solo giocatore coglione, forse uno al massimo, ma innocuo. All' inizio ci sono stati subito scontri. I giocatori dicevano che la società non li aveva assistiti, l' allenatore non li aveva capiti, il pubblico non li aveva seguiti. Stop, ho detto, solo questo vi meritate, siete giocatori di serie C, ma se ci diamo una mossa non è troppo tardi. No, il segreto non è la zona, anche se a me piace. Per la verità, avevo deciso di giocare a uomo, ma mi sono accorto subito che con questi giocatori era una sciagura nazionale. Così ho scelto la zona: dieci minuti per spiegarla, due settimane per impararla e via. Il calcio è semplice, io non credo al mito dello spogliatoio, che serve solo a cambiarsi i calzini, ma alla realtà del campo. Un giocatore non si costruisce, si scopre. Penso di avere un dono, sono veloce a inquadrare tecnicamente un giocatore. Anche perchè ero un bel giocatore, pur non avendo mai giocato in serie A. Senta questa: Albertosi, Tomasini, Trebbi, Bolchi, Salvadore, Galeone...". Cosa sarebbe? "Cos' era. La Nazionale juniores ' 58-' 59, allenata da Giovannino Ferrari, quella che doveva diventare l' Olimpica di Roma. Cera, Rosato, Facchetti, erano riservacce, mi creda. E sa di cosa sono più fiero? Del cambiamento di Loseto. Sono arrivato a Pescara che il passaggio più lungo di Loseto era a due metri. Adesso lo chiamano professore. Gli ho semplicemente aperto il cervello. In Italia il guaio è che si tende a limitare il giocatore, che già si limita di suo. Ma lo sente come sono innaturali quando parlano? Cominciano sempre il discorso con Diciamo che... Ma a Pescara no, entravo duro già in ritiro. Diciamo un cavolo, quanti siete? Parla come mangi. Ma io in queste situazioni improvviso, non ho dialoghi da dettare, sono piuttosto d' accordo col vietato vietare. Per esempio, penso ai cappuccini di Sacchi e prevedo che a Milanello ci sarà una corsa a chi ne beve di più, di nascosto. Sacchi lo apprezzo, ma penso che la sua zona penalizzi troppo le punte. Qui Rebonato fa tanti gol perchè non fa movimenti pendolari in orizzontale ma solo in verticale. Quelli che stimo di più in assoluto sono Coutinho, Ivic, Eriksson e Lobanovski. E adesso non mi chieda cosa hanno vinto. Qualcosa sì, ma non vuol dire niente. Bilardo ha vinto il Mundial e da lui non c' è proprio niente da imparare, lo zero assoluto. Sa chi è il miglior tecnico italiano per me? Bozzano, giovanili del Modena. Ma quanti lo conoscono? E lui come fa a farsi conoscere? In serie A ci si arriva per caso, o per una serie di circostanze favorevoli, e c' è poco ricambio. Una volta lì, si dimostra quel che si vale. Per questo mi piacerebbe allenare in A, dopo Udine, Pordenone, Adria, Cremona, San Giovanni Valdarno, ancora Udine, Ferrara e Pescara". Si parla di calciatori stranieri: "In assoluto il più intelligente che ho conosciuto è Surjak. Attualmente mi piacciono Skoro e Martin Vasquez; in sottordine Quique Setien e Sigurvinsson, che chissà dove è finito. Ma per me il massimo è Laudrup". Davvero? E perchè? "Nessuno in Europa è come lui, ma non gli hanno ancora insegnato a giocare al calcio. Io lo vedo come può essere se ci lavoro sopra. Insisto a dire che in Italia il livello tecnico è scarso ma non sono scarsi i giocatori, soltanto limitati nei compiti. Certo che per allargare il loro limiti un allenatore deve avere prima allargato i suoi, è qui che il discorso diventa spesso". "Ti ha detto che in questo campionato si è già dimesso dieci volte?" gli chiede un simpatico collega pescarese con baffoni messicani. "Per l' esattezza, solo sei" puntualizza Galeone. C'è aria da zingarate e voglia di caffè. Vediamo come va a finire o a incominciare. Galeone è più incuriosito che teso. Conclude: "Mia moglie insegna lettere e uno stipendio è assicurato, ho una casa in Sardegna, non sono ancora riuscito a dilapidare i risparmi di mio padre, c' è tanta gente che sta peggio di me e comunque sono le cose che non ci conoscono a far paura, io il calcio lo conosco bene e ci dormo sopra". Sarebbe ora. 

 

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