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Speciale - Giovanni Galeone - Gazzetta dello Sport 10.12.1986
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dalla GAZZETTA DELLO SPORT, 10-12-1986
Pescara, non è un sogno!
di SILVANO STELLA
 
La città dannunziana vive il miracolo forse più sorprendente e più verosimile dalla genesi del calcio. Ha la sensazione di trovarsi sospesa nelle nuvole e di compiere un bellissimo e dolcissimo sogno. E non vuole svegliarsi perché teme che la realtà abbia risvolti diversi, peraltro non così idilliaci.
Pensate ad uno che si trovi in coma, sotto la tenda ad ossigeno, che abbia pochi giorni di vita e che poi, improvvisamente, guarisca e dimostri d'avere una salute di ferro. Pensate, insomma, ad uno che abbia i giorni contati, che veda in faccia lo spettro della morte e che, una volta uscito dal tunnel, torni alla vita come prima, anzi meglio di prima.
Quattro mesi fa, in piena estate, il Pescara sembrava sull'orlo del collasso: retrocesso in C1, sommerso dai debiti (nove miliardi di deficit), non aveva neppure gli occhi, non solo metaforicamente, per piangere lacrime amare. Le dimissioni del presidente Vincenzo Marinelli, da una vita al Pescara, e di Filippo De Cecco, uno dei maggiori azionisti, denunciavano uno stato di crisi profonda e irreversibile.
Per sopravvivere, per non chiudere bottega, il Pescara aveva soltanto una via d'uscita: cedere i migliori giocatori, o meglio quelli più richiesti, come Acerbis, De Martino, Roselli, Carrera e qualche altro, ridurre il passivo in termini sopportabili e ripartire con una squadra incentrata sui giovani. Ed è quello che esattamente hanno fatto successivamente il nuovo presidente del Pescara Panfilo De Leonardis, da ormai dieci anni all'interno del sodalizio nelle vesti di responsabile del settore giovanile, e l'amministratore delegato Attilio Taraboralli.
Frattanto, in un clima cupo e gravido di preoccupazioni, il Pescara passava da momenti di entusiasmo e di esaltazione a momenti di grande avvilimento e sconforto per le mutevoli vicende giudiziare del totonero. Dapprima s'è trovato nuovamente in serie B e poi, dopo il verdetto della Caf, ancora in C1. Sarebbe rimasto in questa categoria se il «governo» calcistico non avesse successivamente escluso il Palermo.
Ma anche allora, in pratica, la società aveva deboli strutture, un futuro estremamente inquieto e oscuro. E la squadra, con tanti ragazzi inesperti, appena usciti dal vivaio, non sembrava in grado, dal punto di vista tecnico, di affrontare un lungo e stressante campionato come quello cadetto. Tanto è vero che Giovanni Galeone, appena ssunto, minacciava di andarsene. Non chiedeva, il tecnico, adeguati rinforzi, ma almeno il mantenimento della "rosa", cioè quei giocatori, con esperienza di serie B, quali Bosco, Ciarlantini, Gasperini, Loseto, Ronzani e soprattutto Rebonato, già in possesso di un contratto biennale. C'era, in sostanza, un senso di sgomento e di diffuso pessimismo sull'avventura calcistica che stava per cominciare in riva all'Adriatico.
Il clima è profondamente mutato quando Galeone ha mandato in campo i suoi ragazzi senza un'adeguata preparazione, cioè senza l'abituale e tradizionale ritiro precampionato. Il Pescara dei ventenni, il Pescara baby, ha subito sorpreso in senso positivo: doveva recitare il ruolo della vittima predestinata, troppo debole e troppo acerbo per competere contro formazioni costate miliardi, e invece fin dalla coppa Italia, onorata soprattutto sul piano del gioco, ha dimostrato che anche con pochi soldi e con i ragazzi si possono ottenere dei risultati quando c'è volontà, entusiasmo e spirito di sacrificio.
L'autunno del Pescara è dunque dolce, tenero e assolato. Giovanni Galeone, un tecnico geniale e fantasioso ex allievo di Gipo Viani ed ex difensore di quell'Udinese che alla fine degli anni Sessanta schierava in difesa anche Fedele e Caporale, successivamente approdati allo scudetto con Inter e Torino, lo ha svezzato e pilotato negli altissimi quartieri del mondo cadetto.
«E' una classifica - confessa candidamente il friulano - che sorprende pure me. Non mi sarei mai aspettato, viste le difficoltà iniziali, un simile comportamento da questi ragazzi. Sono loro, soprattutto loro, i primi artefici di che hanno portato alla riscoperta del Pescara. Inizialmente abbiamo parlato molto e abbiamo trovato un punto d'incontro comune sul tipo di gioco che intendevamo sviluppare. Siamo partiti con le marcature ad uomo, abbiamo spostato qualche giocatore da un ruolo all'altro per sfruttare più convenientemente le sue caratteristiche, e alla fine siamo approdati alla zona totale, il sistema tattico che abbiamo ritenuto più congeniale».
Adesso è un Pescara deciso e lineare. Ha un volto preciso e ben definito. Ha anche, se vogliamo, una filosofia di gioco. «La nostra filosofia - precisa Galeone - è quella di giocare per divertirci e far divertire coloro che ci guardano. Lo so che è una filosofia ambiziosa e presuntuosa, ma noi tentiamo di realizzarla attraverso l'impegno e l'applicazione. In ogni caso, in casa o fuori, facciamo sempre lo stesso gioco con gli stessi schemi. Possiamo indietreggiare o avanzare di qualche metro, a seconda delle circostanze o dello spazio che ci concede l'avversario, ma il modulo tattico sostanzialmente non varia. E non abbiamo una squadra portata al gioco speculativo, alla difesa ad oltranza bensì siamo una squadra portata ad attaccare. Non a caso abbiamo già fatto sedici gol e ne abbiamo incassato qualcuno di troppo. Ma va bene così: non ci piace andare in campo con un carico eccessivo di responsabilità, pensando ossessivamente al mezzo come arrivare al risultato positivo. Tutto deve essere naturale e spontaneo...».
«Siamo sui relitti della tempesta appena passata - sottolinea Galeone con un'immagine rispondente alla realtà - e non mi sembra il caso di pensare alla serie A. Il mio obiettivo era e resta la salvezza. Occorrono almeno due campionati per creare una squadra esperta e competitiva e per consentire alla società una gestione meno pesante. Mi rendo conto, peraltro, che questo momento comincia il cammino in salita. I tifosi e l'opinione pubblica chiederanno alla squadra di continuare a giocare con l'attuale entusiasmo e di continuare a raccogliere risultati positivi».

 

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