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Ricorrenza del: 18/12/2003

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PALLADINI PRONTO AI 300

 

Pescara, Palladini pronto a dire 300

il Centro — 18 dicembre 2003 pagina 15 sezione: SPORT
PESCARA. Duecentonovantanove volte Ottavio Palladini. Trecento, se domenica metterà piede in campo (Pescara-Avellino-1-0). E’ difficilissimo, forse impossibile, trovare un altro calciatore con tante presenze ufficiali nella storia del Pescara. Presenze di campionato, perché con la Coppa Italia, l’Angloitaliano e i play off è già oltre quota 350. Sfogliando l’album dei ricordi, capitan Ottavio può raccontare nei dettagli 10 delle ultime 12 stagioni dei biancazzurri. Ha giocato in A, B e C1, fianco a fianco con campioni del calibro di Dunga e Carnevale o di meteore come Aruta, Di Già e Orocini. Palladini, che effetto le fa trovarsi a un passo da un traguardo così prestigioso? «Mi sento soddisfatto», risponde il centrocampista. «Tante partite e tanti campionati con la stessa squadra stanno a significare che sono stato apprezzato. Li ritengo la certificazione della mia serietà professionale». Tutto cominciò nello stadio Olimpico... «Settembre 1992. Battemmo la Roma 1-0 grazie a un gol di Totò Nobile. Ero poco più che ventenne e calcavo i campi della serie A». Tanta B e appena 27 gare nella massima categoria. «Mi capita di pensarci e non posso fare a meno di rammaricarmi. Una volta (1995-96, ndr), ci laureammo campioni d’inverno, ma poi non reggemmo il peso delle polemiche. In altri campionati, fummo incapaci di farci valere nei momenti topici. Mi consolo con la splendida promozione in serie B della scorsa estate. La finale di ritorno con il Martina rappresenta il momento più bello dell’esperienza pescarese. Le statistiche non tengono conto dei play off, ma per me quella partita è il massimo. C’erano 25mila persone e ho avuto l’onore di sbloccare il risultato». A Pescara è stato allenato da Galeone, Zucchini, Rumignani, Scoglio, Oddo, Maifredi, Rossi, Viscidi, Buffoni, Burgnich e Iaconi: chi le ha insegnato di più? «Ho preso qualcosa da ognuno di loro. Galeone mi fece esordire in A, Rumignani lo considero un maestro di vita, a Rossi va dato il merito di aver esaltato le mie capacità realizzative, mentre Iaconi ha valorizzato la mia esperienza. Devo un grazie a tutti, anche a quelli che mi hanno allenato per poco tempo». Quali sono i compagni di squadra più forti che ha avuto? «Carlos Dunga e Andrea Carnevale, due autentici campioni. La loro fama è meritata. Sono felice di aver giocato con loro. Aggiungo il nome di Federico Giampaolo: un amico e un talento molto più grande di quanto dica la sua carriera». Qual è la partita che vorrebbe rigiocare? «Quella famosa con il Milan (1992-93 ndr). La sconfitta per 5-4, dopo che eravamo stati in vantaggio di due reti, non l’ho mai digerita». E quella che vorrebbe cancellare dalla memoria? «Una debacle casalinga con l’Ascoli (3-0 nel 1994-95, ndr). Per me non era un gran periodo e la tifoseria mi beccava sempre. Entrai a poco dal termine, con il risultato già determinato, e fui investito da una bordata di fischi e insulti. Ci soffrii». La partita da mettere in una cornice. «La vittoria per 4-3 con l’Ancona, in serie A, quando realizzai il gol decisivo. E, poi, il 5-2 a spese della Juventus di Trapattoni. Anche in quella circostanza firmai un gol, ma non determinante». Quarantacinque gol. «Le mie medaglie al merito. Scelgo la doppietta al Padova (1996-97), la semirovesciata contro la Reggiana (1994-95), le bordate rifilate all’Ascoli (2001-02) e al Martina (2002-03), il pallonetto a Soviero del Venezia (quest’anno). Fuori concorso ci sono i due gol al Parma, in Coppa Italia (1996-97), e il diagonale nella finale dello scorso giugno al Martina».


 



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